Curvismi p 2 A
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Curvismi parte 2 A

di Franco Krauss

per

Motocicliste

Da www.motocicliste.net

curvismi sportivi

Ci sono diverse cose che si possono dire relativamente alla guida in pista,
ma credo che la più importante sia che non tutte le indicazioni vanno bene per
tutti. La motocicletta è un sistema complesso e chiuso: ovunque si mettano
le mani si innesca una reazione a catena i cui effetti si riperquotono sull’intera
struttura. È appena il caso di citare a titolo di esempio l’aumento del
rapporto finale, che si può ottenere aumentando il numero dei denti della corona
o riducendo quelli del pignone.
Oltre a modificare la relazione fra il regime di rotazione del motore e quello
della ruota motrice, le due scelte influiscono in maniera tutt’altro che irrilevante
sulla distanza pignone-mozzo, quindi sulla dinamica del tiro-catena,
sulla qualità della trazione e sulla funzionalità delle sospensioni. Insomma,
quella che potrebbe sembrare una piccola modifica tesa a rendere un poco
più brillante la moto è la dimostrazione più evidente del fatto che al pilota dilettante
manca la sensibilità per percepire tutte le altre conseguenze dell’operazione.
Ci sono poi dei problemi di assetto che emergono in condizioni estreme e che
possono essere risolti solo grazie a profondissime conoscenze tecniche e
a una enorme esperienza di guida al limite strutturale del veicolo.
Chiunque non sia in queste specifiche condizioni farebbe assai meglio a tenere
la moto quanto più vicino è possibile alle regolazioni stabilite dalla casa.
Volendo, si possono fare alcune leggere modifiche per ottenere un migliore
comportamento in pista, cioè su un tracciato in cui le asperità del suolo sono
assai modeste mentre le sollecitazioni generate da accelerazione e frenata
sono più significative rispetto alla strada.
La regolazione delle sospensioni, in questo particolare caso, andrebbe
fatta da un tecnico onesto e competente, che si preoccupi di raggiungere
un buon compromesso in considerazione dell’abilità del pilota.
Un assetto molto rigido, infatti, non si adatta alla guida di un dilettante, che è
piena di imperfezioni destabilizzanti.
La moto deve essere in grado di incassare anche le conseguenze di interventi
non esattamente impeccabili, cosa che, se regolata sul duro, non può
fare. Quindi, va bene aumentare un poco il precarico e i freni idraulici in
estensione e compressione, ma bisogna evitare di rendere la moto troppo
dura. Per intenderci, è stupido pensare, avendo la stessa corporatura di
Max Biaggi, di usare le sue regolazioni, perché sarebbero del tutto sbagliate
anche per un dilettante di grande esperienza.
Meglio una sospensione ben sostenuta, ma abbastanza cedevole
da sopportare una frenata un poco più lunga del necessario, o un’apertura
del gas esitante in percorrenza di curva. Non è assolutamente vero che
la moto più è rigida e più è stabile, precisa e veloce nei cambi di direzione, si
tratta di una semplificazione riduttiva.
C’è un compromesso ideale, fatto dalla struttura del mezzo, dalle caratteristiche
del pilota e dalle condizioni di impiego.
Un pilota dilettante di buon livello può tranquillamente far regolare le sospensioni
da un tecnico esperto e tenerle quasi inalterate su tutti i circuiti sui quali andrà a girare,
perché non arriverà mai e poi mai a mettere in crisi la struttura del mezzo al punto
da doverne modificare le quote o le reazioni.
Saputo questo, sarebbe meglio preoccuparsi di avere la moto in perfette
condizioni, delle gomme in ordine e farsi un bell’esame di coscienza chiedendosi
se davvero si ritiene di essere in grado di sfruttare la propria motocicletta
oltre il limite strutturale. Se la risposta non è “sì, certamente”, allora
inutile perdere tempo a cercare la regolazione magica della forcella che toglie
dieci secondi al giro; molto meglio cercare di guadagnare in abilità.
Nelle pagine che seguono, quindi, cercheremo di approfondire i temi della
guida in circuito dal punto di vista del principiante evoluto, quello che in moto
ci va abbastanza bene da aver capito che può ancora migliorare molto e
che la pista è il posto migliore per evitare rischi inutili e imparare a gestire al
meglio la motocicletta e sfruttarla in maniera appagante.
Credo che possa tornare utile cominciare riassumendo alcune delle diff icoltà
incontrate da quanti si avvicinano al motociclismo sportivo in circuito
e all’agonismo. Sono problemi che tutti, anche i più bravi del mondo, hanno
dovuto affrontare all’inizio e non c’è da vergognarsi se la soluzione non è nel
modificare la moto, ma nel perfezionare la propria preparazione fisica e la
propria abilità di guida.
Direi di partire con le forme di stress fisico che si avvertono quando l’allenamento
non è ottimale e proseguire con le sensazioni di guida.

Mi formicolano le braccia, mi si addormentano le mani.

Capita a tutti coloro che non sono allenati per bene. Succede che, soprattutto la mano
destra, dopo un poco che si gira, siindolenzisca e renda difficile il controllo
del gas e del freno. Questo accade perché si resta troppo contratti e appoggiati
ai manubri. La soluzione preventiva è abbastanza semplice a dirsi,
un poco meno a farsi perché lo stress della guida impegnata porta a distrazioni
assai nocive. Oltre ad allenare costantemente la muscolatura degli
avambracci (molle o pallina da tennis), bisogna evitare di serrare troppo le
manopole. Nei tratti veloci stringere le ginocchia al serbatoio, rilassare le
braccia e sostenere il peso del corpo con le gambe e la schiena. Così facendo
si diminuisce la pressione sulle mani favorendo la circolazione sanguigna
e si rilassano i muscoli degli avambracci (si tonificano anche cosce e glutei,
vi pare poco?). In questo modo, inoltre, ci si prepara meglio alla staccata,
quando è bene tenere i manubri più leggeri possibile e resistere alla
spinta in avanti con le gambe e non solo con le braccia.

Mi si appanna la visiera, mi manca il fiato.

Anche questi sono sintomi di tensione. Oltre all’allenamento aerobico,
sempre consigliabile (jogging, bicicletta, nuoto), bisogna anche ricordarsi
di respirare bene. La tensione agonistica, a volte, provoca un respiro irregolare,
con lunghe apnee nei momenti più difficili. Bisogna sforzarsi di utilizzare i tratti
meno impegnativi del circuito per prendersi un minimo di cura di sé: rilassare i
muscoli (casomai serrando forte le manopole e poi rilasciandole tenendosi bene
sulle gambe), fare un paio di respirazioni addominali profonde (ossigenano e rilassano),
incoraggiandosi e anticipando con il pensiero le prossime operazioni da fare
(“sto andando bene, sono rilassato e concentrato, adesso mi preparo a staccare:
scalo, freno, inserisco e accelero e via così”).

Piego, piego e non tocco mai.

Succede, pare sempre di andare più forte di quello che è. Nella quasi totalità
dei casi non toccate perché, pur piegando, restate troppo sulla sella. Non
ve ne fate un cruccio, ma concentratevi sul lavoro di gambe ed evitate di tenere
il peso sul sedere. In altra parte del manuale viene illustrata la tecnica
di guida in pista, con i movimenti corretti per affrontare la curva. Se applicati,
alla giusta velocità e alla giusta inclinazione il ginocchio accarezzerà l’asfalto,
indicando il margine di sicurezza dell’angolo di piega. Amano a mano
che conquisterete scioltezza nei movimenti vi sposterete sempre di più,
fino a uscire di sella abbastanza da toccare con le saponette. Sappiate però
che “saponettare” gratifica, ma di per sé non vuol dire un accidenti. Il vostro
obbiettivo è andare sempre più forte, guidare sempre meglio. Quindi
non curatevi delle saponette, pensate a tenere il peso sulle gambe ed eseguire
i movimenti corretti, la saponettata arriverà. In quel momento attenzione:
la prima strisciata coglie sempre di sorpresa e la reazione istintiva è
di tirare su la moto, salvo poi cercare di nuovo il contatto e rendersi conto di
stare perdendo in velocità per cercare di rimettere il ginocchio a terra.

Non ricordo mai in che marcia sono.

Non importa, è una di quelle cose che vengono col tempo. Preoccupatevi
solo di capire se state girando con il motore sempre in tiro o no. La
sensazione che dovete cercare è la percezione che la moto è ai vostri ordini
e reagisce al comando del gas secondo le vostre aspettative. Non importa
a nessuno sapere in che marcia fate quella curva, l’importante è che vi
venga bene e vi sentiate soddisfatti e fiduciosi. Scoprirete che, migliorando,
tenderete ad usare tutti più o meno le stesse marce, perché sono quelle giuste
in quella situazione.

La moto si muove in curva.

La moto con ogni probabilità va benissimo, siete voi che date fastidio alla manopola
del gas. Un classico della letteratura è il pilota inesperto che “munge”,
cioè apre e chiude il gas. Lo hanno fatto tutti, quindi non flagellatevi.
Anche in questo caso molto dipende dall’esecuzione corretta delle varie fasi
della curva, se entrate a una velocità che vi fa stare bene, con la marcia
giusta, e se riuscite a dare una morbida, leggera e costante accelerazione
in percorrenza e aumentare gradualmente questa accelerazione in uscita,
scoprirete che la moto si solidifica e sembra agganciata al suolo. Pensate
solo a sentirvi bene nel fare le cose, pur nella tensione della staccata, pur
nell’euforia dell’agonismo.

La moto è instabile in curva, non mi fido dell’avantreno.

Anche in questo caso la moto con ogni probabilità è innocente. Quasi tutti i
principianti tendono a giudicare sempre eccessiva la velocità con la quale
sono entrati in curva e a prolungare la frenata o chiudere e tenere chiuso il
gas. Questo comporta che la moto tardi a riequilibrarsi dopo il trasferimento
di carico all’avantreno conseguente alla frenata. Se l’avantreno “resta carico”,
la moto sembrerà prossima a prendere sotto. Purtroppo l’unica cosa
da fare è anche anti-istintiva: bisogna rimettere in assetto la moto lasciandola
scorrere, consentendo alle sospensioni di lavorare al meglio. Se vi capita
molto spesso di sentire questa sensazione sgradevole provate ad anticipare
leggermente tutta la manovra di staccata, concedetevi un poco di tempo
in più per la parte preliminare alla curva e quindi fate l’inserimento con la
moto già in assetto. Perderete qualche decimo in entrata, ma ne guadagnerete
diversi in percorrenza e in uscita; inoltre, acquistando fiducia e velocità
di esecuzione, vi sarà più facile imparare a staccare sempre più tardi e inserire
la moto sempre più rapidamente.

Finisco sempre largo in curva.

Siete sicuri di essere entrati con il giusto ritardo o avete anticipato il punto di
inserimento? Se inserite la moto in curva troppo presto è ovvio che la
traiettoria conseguente vi porterà fuori.
Dovete, in questo caso, cercare di far fronte alla paura di ritardare l’inserimento
(anche qui giova fare qualche tentativo a velocità leggermente più
bassa, perché quello che si perde in entrata lo si guadagna in percorrenza
e in uscita se la traiettoria è giusta). La moto può allargare anche perché avete
prolungato la frenata o avete tenuto il gas chiuso troppo a lungo, il peso
sull’avantreno tende a far andare dritta la moto (anche per l’effetto autoraddrizzante
di alcune gomme in frenata).

Nei tornanti sono lentissimo.

Succede a tutti, le moto sportive non sono fatte per i tornanti, nel senso che
la posizione in sella è decisamente la peggiore per affrontare le curve strettissime.
Per girare forte nei tornanti bisogna assolutamente tenere leggero
l’avantreno, solo che le moto sportive sono studiate apposta per caricarlo.
Quindi, grande lavoro di gambe sulle pedane, manubrio tenuto il più leggero
possibile, gas costante (mai chiuderlo in percorrenza, soprattutto nelle curve
strette perché la moto tende e cadere).

In uscita mi capita di sentire la gomma scivolare.

Se non state girando con tempi di assoluto rilievo, allora con ogni probabilità
state facendo un errore comunissimo: tenete il gas chiuso per tutta la
percorrenza e poi lo spalancate quando vi sembra che la moto ormai sia dritta.
Sbagliato, dovete cominciare ad accelerare prima, in maniera leggerissima,
progressiva e morbida; aumentando l’intensità dell’azione a mano a mano che
vi avvicinate all’uscita della curva.

La ruota posteriore rimbalza in staccata.

Avete esagerato con le scalate o avete scalato con una manovra
brusca. Quasi tutti i principianti tendono a frenare troppo bruscamente
nel tentativo di fare una bella staccata.
Se capita di trovarsi spesso in questa situazione vuol dire che la guida è poco
redditizia perché troppo violenta.
Bisogna fare un passo indietro e tornare ai fondamentali: peso sulla parte posteriore
della sella, staccata leggermente anticipata, coordinazione fra
comandi (scalata, frenata e contemporaneo uso del gas), inserimento e percorrenza
con la moto in assetto equilibrato.

In uscita di curva la marcia è sempre troppo bassa/alta.

L’uscita di curva è funzione dell’entrata:
anche in questo caso la rapportatura della moto è quasi certamente incolpevole.
Può capitare che si entri in curva con il gas parzializzato e con una marcia
troppo alta perché la staccata è stata fatta in maniera affannosa e scalando
le marce precipitosamente (o non scalando affatto). In ogni caso, la
marcia di entrata è sbagliata. L’errore ve lo portate fino alla fine della curva.
Se capita più di una volta, comportatevi come nel caso precedente, rinunciate
a qualcosa in termini di velocità di ingresso e datevi il tempo di eseguire la manovra
correttamente. Dopo qualche giro avrete recuperato il coordinamento
migliore e di sicuro riuscirete anche ad osare qualcosa di più in staccata.
Un toccasana per la quasi totalità dei difetti di percorrenza di curva è questo
esercizio: girare con una marcia più alta del necessario. L’erogazione perde
vigore e quindi dovete compensare con la scorrevolezza e anticipare l’apertura
del gas. Una volta che questo diventa il vostro modo normale di condurre
una curva avete vinto: toglierete un mucchio di secondi al giro e vi sentirete
molto più sicuri. Tenete presente un fatto: i professionisti levano il tempo
in rettilineo, i principianti in curva.
E’ una semplificazione sciocca, ma rende l’idea: su un tracciato con dodici
curve potete togliere la bellezza di tre secondi al giro semplicemente correggendo
alcuni piccoli errori in entrata, percorrenza e uscita per un ammontare
inferiore ai tre decimi di secondo per ciascuna curva. Basta davvero poco,
quindi, per gestire meglio le curve e ritrovarsi con un abbuono di tre secondi
al giro, che, per dieci giri, significa migliorare la propria prestazione di trenta
secondi: un’eternità.

L’abbigliamento

Per girare in pista sono obbligatori casco, guanti, stivali e tuta in pelle. Sono
vivamente consigliate le protezioni rigide, quelle che normalmente si trovano
nella tuta e quella per la schiena, che viene di solito offerta come accessorio.
Il primo obiettivo che vi dovete porre nello scegliere il materiale è che
vi faccia stare comodi e non imponga sacrifici.

La tuta

vi deve fare stare comodi in sella e non al bar, quindi non preoccupatevi
se, stando in piedi, assumete una posizione vagamente scimmiesca,
è che la parte anteriore della tuta è corta perché in sella starete accucciati.
Per guidare sono preferibili di gran lunga le tute intere, sono molto
più comode e leggere e sono più sicure non avendo i due pezzi tenuti insieme
da una chiusura lampo che, sfregando sull’asfalto, potrebbe cedere e
lasciare scoperta qualche parte del corpo.
Le tute in pelle di canguro, che vanno ormai diffondendosi, sono mediamente
più leggere poiché, a parità di spessore, la pelle di canguro è più resistente
e quindi, a parità di caratteristiche di resistenza alle abrasioni, la tuta può
essere fatta di pelle di spessore leggermente più basso.
Le tute traforate hanno raggiunto un grado di protettività che non ha nulla
da invidiare alle tute di pelle non traforata.
Se si gira soprattutto in climi caldi sono da preferire perché la temperatura
corporea può raggiungere livelli assai elevati, causando problemi di concentrazione
o più gravi.
Se si acquista una tuta usata si presti attenzione ad eventuali segni di cadute
e riparazioni: chiusure lampo sospette e cuciture grossolane devono
fare scartare immediatamente la tuta, così come una pelle evidentemente invecchiata
e rinsecchita. Finché non siscivola va tutto bene, ma nel momento
in cui si bacia l’asfalto una tuta in buone condizioni fa la differenza.
Una volta vestiti di tutto punto bisogna verificare che i movimenti in sella siano
agevoli e la respirazione non sia impedita in alcun modo. Ricordiamo
sempre che girare in pista è assai faticoso e, come in tutti gli sport, la respirazione
è fondamentale per gestire la prestazione atletica.

Stivali e guanti

devono essere comodi, protettivi e dotati di chiusure efficaci.
I traumi ai talloni sono assai frequenti, quindi scegliete un paio di stivali
che li preservino. I guanti devono resistere spesso al primo impatto perché
- sbagliando - si finisce per mettere le mani avanti quando si cade. È un
istinto difficile da correggere e bisogna quindi attrezzarsi al meglio, con guanti
comodi, fatti bene, con pellami di buona qualità e cuciture ben eseguite.
Non è indispensabile scegliere capi delle marche più prestigiose, perché
rinunciando a qualcosa in termini di “moda” si possono acquistare capi di
ottima qualità a prezzi decisamente più bassi.

Il casco

può anche essere più rumoroso di quello da scegliere per un uso
turistico, purché offra una buona ventilazione interna. Da preferire i caschi
con chiusura del cinturino con doppio anello, semplice e sicuro. Gli interni rimovibili
e lavabili sono opportuni. La visiera da preferire è quella trasparente,
al limite una leggera tonalizzazione grigia per evitare l’abbagliamento. Da
evitare con cura gli occhiali da sole, pericolosi in caso di incidente.
Le carenze visive andrebbero corrette con le lenti a contatto, almeno quando si
gira in pista. Se si decide di utilizzare gli occhiali che abbiano almeno le lenti
infrangibili e la montatura meno aggressiva possibile.
Non è mai inutile ribadire che, dopo una caduta, tutto il materiale va osservato
con estrema attenzione. Da evitare le riparazioni casarecce perché anche
i filati per le cuciture devono avere caratteristiche di resistenza meccanica
e termica che di sicuro il cotone non ha.
I capi in pelle non si lavano, quindi sarebbe bene sceglierne fra quelli che
dispongono di una fodera interna rimovibile e lavabile, il naso, soprattutto dopo
qualche tempo, apprezzerà. Per lo sporco che si dovesse raccogliere sulla
tuta va bene una spugna umida e poi una crema idratante da passare
dopo aver aspettato che ogni traccia di umidità sia sparita. Meglio tenersi una
macchia di grasso che tentare di rimuoverla con saponi o detergenti aggressivi,
che indeboliscono il materiale quando non lo danneggiano.

Leggi Curvismi parte 2 B


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